Una serie di circostanze più o meno casuali, da ultimo la ripresa scaligera del capolavoro di Berlioz “Les troyens” mi hanno portato a riflettere sulla figura di Didone, sulle sue origini e sul suo mito.
Esiste, infatti, una serie di indizi estremamente interessanti che ci permettono di provare a ricostruire l’autentica origine cartaginese della figura e il suo ruolo nell’immaginario mito-politico della metropoli africana prima della conquista romana del 146 a.C.
Le più antiche testimonianze certe sul personaggio risalgono ad età ellenistica e precisamente ad un frammento di Timeo di Tauromeio citato indirettamente da un compilatore anonimo (FHG I, p. 197) di estremo interesse perché proveniente da quell’ambito siceliota che con il mondo punico e punicizzato intratteneva stretti legami. Il passo pur nella sua brevità fornisce un quadro generale del mito che non si discosta di molto da quello virgiliano – seppur privo delle componenti romantiche che l’episodio viene ad assume ne l’”Eneide” – nonché alcuni interessanti spunti di riflessione linguistica: “Θειοσσώ: Timeo dice che, nella lingua dei fenici, ella è appellata Elissa (Έλισσα), che era la sorella di Pygmalion, re dei Tiri, e che ha fondato Cartagine in Libia. In effetti, appena suo marito venne ucciso da Pygmalion, ella riparo su una nave e fuggì con qualche suo concittadino. Dopo un gran numero di peripezie, ella sbarca in Libia, ove fu appellata dagli indigeni Didone (Δειδώ) per le sue numerose peregrinazioni. Una volta fondata la città, i re della Libia la vollero sposa. Ella si rifiuta ma, al contrario, i suoi concittadini pretendevano si sposasse, allora ella fa organizzare una cerimonia per confondere i suoi seguaci; ella fa innalzare un grande rogo presso il suo palazzo, poi dalla casa si getta nel fuoco”.
Dal passo si ricava che Θειοσσώ è sostanzialmente il nome greco di Elissa, basandosi sugli studi linguistici relativi all’argomento (in specie quelli di A.Meillet e J. Vendryes) appare evidente che si tratta di un nome fortemente alterato e che presenta tutte le caratteristiche di un nome ipocoristico terminante in –ώ. Un confronto interessante si ha con l’espressione Θειό-σεπτος attestata in Aristofane (“Nuvole” 292) con il significato di “onorato come in Dio. Questa frase rimanda alla definizione che di Elissa troviamo in una fonte tarda ma di estrema importanza per comprenderne la figura. Giustino, nell’epitome a Pompeo Trogo (XVIII,6,8) ricorda come a Cartagine prima della distruzione esistesse un tempio dedicato ai Mani di Elissa, fondatrice della città dove essa era pro dea culta termine che sembrerebbe la versione latina della ricordata espressione greca.
Elissa sarebbe stata quindi oggetto di un culto a Cartagine, il tempio descritto da Giustino ricorda forse troppo da vicino la descrizione virgiliana del tempio di Giunone eretto dalla regina sull’arce di Cartagine e non si può escludere una suggestione letteraria ma questo potrebbe anche riflettere una sorta di associazione cultuale fra Astarte (è verosimilmente lei che le fonti latine identificano con Giunone) e la regina divinizzata tanto più che lo stesso Giustino ricorda come nel tempio ci fossero cento altari dedicati agli Dei celesti e alle potenze dell’Erebo il che potrebbe far pensare ad un duplice culto in cui Astarte rappresentava la componente urania e il culto eroico della regina fondatrice quella ctonia (anche nel mondo greco i culti eroici agli ecisti hanno spesso carattere ctonio).
L’epiteto Θειοσσώ ricordato da Timeo attesterebbe una conoscenza di questo culto da parte del mondo greco di Sicilia forse tramite le stesse comunità puniche dell’isola fortemente influenzate dal mondo greco sia sul piano linguistico che culturale. In Sicilia erano fra l’altro ben note alcune emissioni monetarie puniche che rappresentano forse l’unica immagine nota della regina in età antica; realizzate in argento intorno al 420 a.C. in stile greco mostrano in fronte una testa femminile di profilo con copricapo di tipo orientale mentre sul retro è un leone passante con alle spalle una palma.
Nulla si può invece dire sul nome Δειδώ se non che esso parrebbe di origine africana. L’interpretazione di Timeo non è dimostrabile e conosciamo ancora troppo poco le lingue libico-berbere antiche per poter procedere ad una più precisa interpretazione. L’unico dato è la somiglianza con il nome Did(d)a/Dud(d)a è attestato nella regione e confermerebbe l’origine nord-africana dello stesso.
Tutte le fonti sono concordi nel considerare l’originario nome fenicio Elissa, o meglio ‘lšt essendo Έλισσα la trascrizione greca dello stesso. L’origine è sicuramente vicino-orientale e trova riscontro non solo in Fenicia ma anche in ambito nord arabico oltre a comparire in numerosi antroponimi e toponimi punici i quali possono però ovviamente risentire del culto eroico di cui era oggetto la regina in città.
L’esistenza di culti divini nei confronti dei fondatori di città o dinastie non è ignota ai fenici. Il caso più emblematico si riscontra proprio a Tiro dove la principale divinità cittadina è Milk-qart (Mlqrt) il “Re della città” antenato mitico della dinastia reale su cui si fonda l’identità cittadina; il fatto che a Cartagine questo ruolo sia svolto da una figura femminile non sorprende anzi corrisponde pienamente alle necessità politiche della nuova colonia, a prescindere dai possibili – e in ogni caso indimostrabili – fondamenti storici del personaggio Elissa incarna in se stessa l’idea della città intesa non più sulle basi dinastiche della madrepatria ma nel suo corpo di autentica polis.
Un indizio in questo senso ci è offerto dal celeberrimo giuramento che accompagna il trattato di alleanza fra Annibale e Filippo V di Macedonia riportato da Polibio (VII, 9, 2). Nella seconda delle triadi divine chiamate a garanti del giuramento sono invocati il Genio dei cartaginesi (“Δαίμον” nel testo greco), Eracle e Iolao. Se è evidente riconoscere in Eracle Milqart secondo una prassi assimilatoria normale tanto in Grecia quanto a Cipro e in Fenicia la stretta associazione fra questo e il Δαίμον dei cartaginesi rende possibile ipotizzare in quest’ultimo propria la figura divinizzata di Elissa; i mitici fondatori divini (o divinizzati) di Tiro e Cartagine associati fra loro. Il terzo elemento della triade citata è Iolao, la cui vicinanza ad Eracle non ha mai posto particolari quesiti ma in cui è possibile vedere anche – e forse soprattutto – l’antica divinità libica di Iol che quindi verrebbe a rappresentare il terzo elemento costitutivo dell’identità cartaginese al fianco alle divinità tutelari della città coloniale e della madrepatria.
L’onomastica cartaginese presenta in molti nomi riferimenti ad una Regina come Hmlkt “Fratello della Regina” o il suo corrispettivo femminile Htmlkt “Sorella della Regina”; se in Oriente il riferimento ad Astarte appare automatico a Cartagine e nei territori punici d’Occidente nulla impedisce che invece ci si riferisca propria ad Elissa divinizzata. A favore di quest’ultima lettura gioca una tavoletta plumbea con testo magico ritrovata in una tomba di Cartagine il cui testo si rivolge alle divinità infere fra cui è presente una ‘lt mlkt “Dea Regina” che non può certo essere Astarte visto la sua natura prettamente urania di quest’ultima e in cui appare naturale identificarvi Elissa in relazione al culto ctonio di cui era oggetto e che risulta attestato anche da un passo dei Punica di Silio Italico (I, 81-98).
Bello! Copio e incollo e archivio (sai mai che a scuola capiti una classe meno peggio delle altre e si possa raccontar qualcosa di interessante!). Avevo dato una porzione di esame di didattica sul mito di Didone in letteratura, ma sull’etimologia non sapevo nulla…
L’ha ribloggato su iltelaio62's Blog.