Come d’abitudine il ROF ha affiancato una ripresa alle due nuove produzioni. Ripresa di gran lusso trattandosi di un’opera di grande impegno come “Matilde di Shabran” e affidata ad un cast di altissimo livello complessivo.
Per quanto riguarda la parte visiva si trattava quindi dello spettacolo realizzato nel 2004 da Mario Martone (scene di Sergio Tramonti, costumi di Ursula Patzak). Spettacolo fin troppo minimalista nell’impianto scenico – limitato ad una duplice scala a chiocciola semovente e praticamente privo di autentici arredi – e affidato sostanzialmente alla capacità degli interpreti di dar vita alla scena, fortunatamente l’edizione presentata disponeva di una compagnia pienamente capace di ottenere questo obbiettivo. Più interessanti i costumi che pur nella loro semplicità riescono bene ad evocare un ambiente cavalleresco puramente di fantasia e privo di ogni connotazione storico-temporale e in cui con il prevalente taglio rinascimentale possono serenamente convivere gli spangenhelmen e gli scudi normanni degli armigeri di Corradino e il giubbone secentesco (se non successivo) di Isidoro.
Sul versante musicale l’esecuzione non deludeva, proponendosi forse come la miglior ripresa del titolo proposta fino ad ora dalla riscoperta pesarese del 1996. Merito principale della riuscita da ascrivere alla direzione di Michele Mariotti che della partitura offre la miglior esecuzione fin ora ascoltata. Con Mariotti la scrittura orchestrale acquista una brillantezza timbrica e coloristica che in quest’opera si era immaginata ma mai ascoltata con tanta nettezza. Come sempre Mariotti riesce ad evidenziare al meglio ogni dettaglio della scrittura orchestrale e a valorizzare ciascun elemento ma allo stesso tempo senza mai perdere di vista la struttura complessiva e soprattutto la dimensione prettamente teatrale della partitura che anzi viene sistematicamente evidenziata nel corso di tutto lo svolgimento dell’opera. Mariotti inoltre dimostra un’innata capacità di accompagnamento, la sua orchestra respira con i cantanti, li sorregge sempre e anche nei momenti più vorticosi in cui l’inarrestabile macchina della ritmica rossiniana potrebbe metterli in difficoltà se non attentamente calibrata.
L’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna si mostra in perfetta sintonia con il proprio direttore stabile dando il proprio significativo contributo alla riuscita complessiva così come il coro guidato da Lorenzo Fratini.
Un’opera come “Matilde di Shabran” per riuscire richiede non solo un grande direttore ma un cast di autentici virtuosi; il Rossini Opera Festival non solo è riuscito nello scopo ma ha presentato un’autentica compagnia perfettamente affiatata e capace di dare il meglio non solo sul piano vocale ma anche su quello teatrale.
Il ruolo di Corradino cuor di ferro è ormai una seconda pelle per Juan Diego Florez, protagonista di tutte le recenti riprese dell’opera e confermatosi protagonista eccellente. Nel corso degli anni la voce si è arricchita di armonici e il timbro – pur sempre particolare – si è fatto più caldo e pastoso mentre invariate restano la naturalezza nelle salite agli acuti e sopracuti e la maestria nei passaggi di coloratura nonché la perfetta proiezione della voce che gli permette di riempire anche uno spazio dall’acustica non ideale come l’Adriatic Arena. Qualche eccessiva presa di fiato va vista in conseguenza ad un approccio ipercinetico al personaggio con una continua mobilità scenica – a tratti anche eccessiva e sopra le righe – che ovviamente influiva sulla respirazione ma nell’insieme risultava forse superiore anche al se stesso del 2004 nella maggior maturazione vocale e interpretativa del ruolo.
Al fianco di Florez brillava Olga Peretyatko. Il soprano russo – ormai beniamina assoluta del pubblico pesarese che la accolta con un convinto applauso già all’apparire in scena – delinea una Matilde ideale, forse la migliore mai ascoltata. Nel corso degli anni la voce ha acquisito maggior morbidezza e femminilità senza nulla perdere in squillo è brillantezza. La tecnica, da autentica belcantista, le permette di superare con facilità i passaggi più impervi – e dispiace non si sia rischiato qualche cosa di più nelle variazioni del rondò anche a scapito del rigore filologico. Se ottima è la cantante l’interprete è poi semplicemente ideale. La naturale avvenenza della Peretyatko è ideale per Matilde ma ancora di più lo sono la grazia e la malizia del fraseggio e la naturale comunicativa dell’accento che crea un’immediata simpatia fra personaggio e pubblico. L’unione di questi elementi interpretativi con la precisione del canto contribuisce a realizzare quella che è – a giudizio dello scrivente – l’interpretazione più compiuta che si sia ascoltata del ruolo.
Terzo punto di forza – e forse autentico trionfatore della serata – Paolo Bordogna non solo da una nuova idea del personaggio di Isidoro ma finalmente trasforma in un vero personaggio quello che fino ad ora era stata una semplice macchietta. Bordogna non solo canta tutta la parte senza nessun facile cedimento agli artifici troppo spesso utilizzati dai buffi ma soprattutto piega le ragioni del canto alla costruzione di un autentico personaggio in cui sente palpitare lo spirito della letteratura eroicomica rinascimentale da Pulci a Folengo. Bordogna è poi attore eccezionale e riesce a trasformare ogni piccola controscena in una sfaccettatura sempre diversa del personaggio. Assolutamente meritato l’autentico trionfo con cui è stato accolto dal pubblico.
Il resto del cast pur non arrivando ai vertici del trio Florez – Peretyatko – Bordogna si attestava su un livello qualitativamente alto e contribuiva all’ottima riuscita complessiva dello spettacolo. Nicola Alaimo è un Aliprando di voce imponente e di innata simpatia; Simon Orfila presta a Ginardo un rilevante materiale vocale e si dimostra ottima spalla per Bordogna. Marco Filippo Romano (Raimondo Lopez) e Giorgio Misseri (Egoldo) realizzano al meglio le loro pur piccole parti.
Qualche parola in più va forse spesa per la parte femminile del cast sulla quale va espresso un giudizio meno netto. Anna Goryachova è stata per molti aspetti un’autentica rivelazione. L’ancor giovane mezzosoprano russo ha infatti esibito un materiale vocale di sicuro interesse e una maturità interpretativa per certi versi in attesa. Resta l’impressione che il ruolo di Edoardo abbia una tessitura un po’ troppo grave per la voce della Goryachova che tende ad acquistare armonici e pienezza con il salire della tessitura. Ci sia augura di poterla riascoltare presto in un ruolo più adatto ad esaltare le sue doti vocali e magari anche ad evidenziare la notevole avvenenza fisica che si è avuto modo di apprezzare vedendola struccata dopo la recita.
Chiara Chialli è più discutibile nel canto, l’emissione è risultata spesso ingolata e la voce sorda ma è straordinaria nel tratteggiare un personaggio surreale come quello della Contessa d’Arco.
Successo trionfale e meritatissimo per tutti gli interpreti e degno coronamento di un’edizione del Rossini Opera Festival particolarmente riuscita.