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Archive for novembre 2017

Il grande amore mostrato dagli Zar e dall’aristocrazia di corte per l’arte dell’antichità classica veniva a scontrarsi con un dato di fatto, la Russia non aveva mai fatto parte del mondo romano, e solo in modo molto periferico di quello greco, la “Sacra terra Russa” non poteva restituire le grandi sculture, i mosaici, i vasi figurati che tanto affascinavano i collezionisti; quello che nascondeva sarebbe venuto alla luce solo successivamente, solo a partire dagli anni 50’ del XIX secolo con l’inizio di scavi sistematici nelle colonie greche del Mar Nero si ritrovarono significativi esemplari di statuaria classica nelle terre dell’impero russo.

Questa particolare situazione, grande richiesta e assenza di ritrovamenti in patria, imponeva ai collezionisti di muoversi sul mercato internazionale dell’arte, che specie nel XVIII era si particolarmente ricco, ma anche un terreno estremamente pericoloso, dove un acquisto indovinato a scapito di un concorrente, poteva ribaltare rapporti internazionali raggiunti dopo anni di sforzi diplomatici .

In un contesto di questo tipo si affermo precocemente la pratica di realizzare, o far realizzare, a nuovo ciò che non si poteva acquistare, ovvero la realizzazione di copie delle grandi opere conservate nei musei d’Europa ed inarrivabili anche per i rapaci agenti degli Zar. Lo sviluppo di tradizione copistica favorì la rapida affermazione in Russia del neoclassicismo e l’affermarsi di una moda all’antica, con la conseguente produzione di un gran numero di nuove opere, spesso legate alla contingente realtà storica, rivestita secondo le forme dell’arte antica o di quella del Rinascimento italiano. Nel presente capitolo si vuole fornire un sintetico quadro di questo fenomeno, essenziale per capire la cultura artistica della Russia, ma più generalmente dell’Europa non mediterranea, nel corso del XVIII secolo e dalla prima metà del secolo successivo. 

Le copie di opere famose erano in genere commissionate all’esterno, nei paesi in cui erano conservati gli originali, in specie in Italia. Già Pëtr I Alekseevič aveva commissionato un gran numero di sculture di soggetto antico in Italia, specialmente Roma e Venezia, per la decorazione del Giardino d’Estate , ma in questo caso non si può ancora parlare di copie quanto di statue moderne che rielaborano i soggetti della mitologia classica secondo il gusto tardo barocco dell’epoca.

L’ascesa al potere di Caterina II segna una svolta anche in questo settore, ora ciò che si commissione sono copie precise dei grandi capolavori dell’antichità, e non solo, conservati in Italia che devono servire a modello per le nuove botteghe di corte che vengono aperte a San Pietroburgo. Ivan Šuvalov fa realizzare a Roma un gran numero di calchi in gesso delle più importanti sculture della città destinati a fornire il modello per la realizzazione di una serie di statue in bronzo per le residenze di Caskoe Selo e Pavlovsk, nonché di acquerelli con le copie delle “grottesche di Raffaello”, ovvero della decorazione delle Logge Vaticane, poi fedelmente riprodotte nel Palazzo d’Inverno .  Tra i principali committenti di copie in gesso di sculture romane vi fu l’ultimo favorito dell’imperatrice, Aleksander Lanskoj. Il giovane principe collezione in oltre un gran numero di statuette in argento e bronzo di produzione italiana, riproduzioni in scala ridotta dei grandi capolavori della scultura barocca . Alla morte del giovane favorito, nel 1784, la collezione Lanskoj confluirà in quella dell’Imperatrice  formando il nucleo di una raccolta destinata a continui ampliamenti negli anni successivi, in particolar modo durante il regno di Aleksander I Pavlovič, quando venne acquistata parte dei bronzi della collezione Farnese, conservati nel palazzo reale di Napoli , tra le quali emerge un busto di Antinoo  opera di Guglielmo della Porta (1515-1577).

Il riferimento ad Antinoo ci riporta idealmente ad Adriano e alla sua villa di Tivoli che furono modelli onnipresenti per Caterina II ed i suoi successori. In particolar modo la Zarina aveva tra i suoi modelli ideali l’imperatore spagnolo, a ciò si è già fatto accenno, rapporto ideale che venne a rafforzarsi dopo la prematura ed improvvisa morte di Lanskoj, divenuto per l’imperatrice un novello Antinoo.

Proprio a seguito della morte dell’amato Aleksander Caterina fece realizzare una serie di statuette egittizzanti in onice e marmo rosso egiziano raffiguranti Antinoo-Osiride, riproduzioni ridotte di una statua in porfido da Villa Adriana, oggi ai Musei Vaticani . Il messaggio sotteso alle nuove realizzazioni è evidente, l’identificazione di Lanskoj con Antinoo e quindi con Osiride, in un processo di divinizzazione all’antica, almeno nei modi in cui era possibile alla fine del XVIII secolo.

Le statuette di Caterina servirono da modello per successive realizzazioni, ormai slegate dalle ragioni sentimentali che avevano caratterizzato la prima committenza e frutto della modo egittizzante diffusa in Europa dopo la campagna napoleonica in Egitto del 1798, si tratta di un piccolo busto di Osiride ed una testa di Antinoo-Osiride , prodotte in Italia alla fine del XVIII secolo ed acquistate da Aleksander I Pavlovič per completare il gruppo già presente in Russia. 

Un altro soggetto proveniente da Villa Adriana affascinò profondamente Caterina II ed il mondo di corte che la circondava, il celebre mosaico di Sosos di Pergamo raffigurante un gruppo di colombe che si abbeverano ad un bacile,  di cui una splendida copia era stata trovata nella Villa tiburtina .

La prima riproduzione, estremamente libera, giunta in Russia è una trasposizione a tutto tondo realizzata a Roma nel 1770 da Giuseppe Valadier . Si tratta di una coppa in agata rossa su una base di diaspro arricchita da colombe in bronzo dorato. Acquistata dalla Zarina nel 1777 e donata a Lanskoj , ritorno nelle collezioni imperiali alla morte di questi. 

Negli anni seguenti giunsero a San Pietroburgo almeno cinque riproduzioni del medesimo soggetto, tutte commissionate a Roma da collezionisti russi, si tratta di: un tavolo  con piano decorato a mosaico e gamba in marmo, realizzato da Antonio Mora ed acquistato da Caterina II nel 1791 per farne dono alla contessa E. K. Scavronskaia, nipote dei principi Potëmkin; e quattro mosaici minuti acquistati da collezionisti privati e per i quali non è sempre facile ricostruire le vicende in quanto rimasti in collezioni private fino alla Rivoluzione, prima di essere convogliati all’Ermitage erano conservati nel gabinetto imperiale degli oggetti d’arte di Mosca, collezione di N. V. Frolov, Museo Stieglitz a San Pietroburgo, collezione del principe L. M. Kotchubej .

Su tutte le altre produzioni emerge, per importanza e qualità la produzione di gemme e cammei all’antica, che interesso direttamente la corte non solo come committenza ma anche come realizzazione. Abbiamo a suo tempio accennato come Caterina II integrasse la propria collezione glittica con copie in pasta vitrea di ciò che non aveva potuto acquistare in originale, copie fatte eseguire principalmente a Londra e Napoli. Successivamente s’istituì un laboratorio glittico a San Pietroburgo, affidato al chimico Georg König e all incisore Karl Leberecht, originariamente incaricato di realizzare copie in pasta vitrea degli esemplari imperiali, in modo da facilitare il trasporto, Caterina non si separava mai dalle sue amate antichità come abbiamo già ricordato.

Le funzioni del laboratorio furono però presto aumentate e ad una mera attività copistica si aggiunse la realizzazione di cammei ex novo, su materiali preziosi e non più di pasta vitrea, sia riproducenti soggetti classici sia con ritratti e soggetti di attualità, trattati sempre all’antica. Una svolta in questo senso si ha in occasione della presa di Očakov nel 1785, in quell’occasione Caterina invio a Potëmkin una gemma con il suo ritratto: “vi mando un ritratto, inciso su una gemma, del conquistatore di Očakov, entrambi, la gemma ed il ritratto, sono intagliati nel mio Hermitage” , scriveva la zarina nella lettera che accompagnava il dono, con un non celato orgoglio per la qualità raggiunta dall’atelier imperiale sotto la guida di Leberecht.

Una nuova serie di cammei fu commissionata all’incisore tedesco dopo la morte di Lanskoj, questi presentavano il profilo del giovane favorito in un’immagine di assoluta purezza che servi da modello per un medaglione commemorativo e poi per il tondo di marmo che andò a decorare il monumento in onore di Lanskoj a Carskoe Selo .

Quali fossero le vere ambizioni di Caterina II in relazione alla bottega glittica dell’Ermitage si ricavano in una lettera a Grimm per informarlo che il catalogo delle sue pietre intagliate, fatto realizzare dal bibliotecario Aleksander Lužkov, era terminato: “tutto è catalogato sistematicamente, a cominciare dagli Egizi e passando per tutte le mitologie, le storie fantastiche e non, fino ai nostri giorni […], un giorno, forse, ci saranno pure la presa di Praga, e gli eroi Suvorof, Fersen e Derfelden. Valérien [Zubov] c’è già” .

La passione delle gemme contagiò molti dei personaggi emergenti della corte della Zarina, anche se è difficili dire quanti lo furono veramente e quanti si finsero tali per piaggeria cortigiana, ma è innegabile che per alcuni fu una passione sincera, e alcuni non si limitarono al collezionismo ma s’impegnarono per far propria la non semplice arte dell’intagliare cammei, spesso ottenendo risultati egregi. Fra questi vi fu uno dei favoriti di Caterina, Aleksander Dmitriev-Mamonov, la cui abilità stupì non poco la stessa imperatrice come traspare chiaramente dalle sue stesse parole: “Questo è per certificare che sono stata testimone (altrimenti non avrei mai potuto crederlo) che Aleksander Dmitriev Mamonov ha intagliato di sua mano il sigillo in corniola che accompagna questo documento e che Leberecht non ha partecipato in nessun modo al lavoro” . Il miglior risultato ottenuto da Dmitriev-Mamonov va probabilmente identificato in una sardonica con ritratto di Caterina II nelle vesti di Minerva.

Fra tutti i suoi cortigiani quella che indubbiamente mostrò un talento superiore alla media fu la nuora, la granduchessa Marjia Fëdorovna (la principessa tedesca Sophia Dorotea von Wüttenberg), molto più vicina, per interessi e cultura, alla suocera che non al marito. Marjia mostro una straordinaria abilità di intagliatrice, realizzando una serie di cammei in sardonica dei membri della famiglia imperiale, la stessa Caterina, il marito Pavel (il futuro Pavel I Pëtrovič) ed i figli Aleksander (il futuro Aleksander I Pavlovič) e Costantino. In particolar modo il ritratto della Zarina, che riprendeva il tipo di Caterina II-Minerva introdotto da Dmitriev-Mamonov, ma lo realizzava con una precisione e pulizia formale sconosciute alla pur ottima realizzazione del favorito, gli garantirono la sincera approvazione dell’imperatrice .

La tradizione glittica introdotta da Caterina II continuò a lungo in Russia, sostenuta dalla passione per questa forma d’arte che caratterizzò buona parte dei membri di casa Romanov. Le botteghe di corte continuarono a produrre ottimi incisori, i soggetti erano prevalentemente riproduzioni di cammei classici o rinascimentali, ma continuò anche la produzione di cammei con ritratti dei membri della famiglia e della corte, in genere trattati all’antica. Tra i maggiori esponenti di questa produzione ricordiamo Semion Odintsov (1795-1848) autore di pregevoli cammei egittizanti in diaspro degli Urali ; Vassilji Cheremnov (1790-1839) specializzato in soggetti storici e mitologi, specie ritratti di imperatori romani ; Dmitrji Pietrovskji (1806-1848)  e Vassilji Kaloughine (1810-1862)  che ci hanno lasciato due splendide versioni della testa di Menelao del gruppo del Pasquino. 

In fine merita un accenna il ricchissimo artigianato, rivolto prima alle committenze aristocratiche e di corte, poi rivolto anche verso la nascente borghesia urbana, di ceramiche, vetri, portacandele, incensieri, oggetti d’arredo, ispirati ad una rigorosa moda neoclassica e prodotti da numerose botteghe, prima a San Pietroburgo, poi anche nell’infinita provincia russa .

Aleksander Dmitriev Mamonov. Cammeo con Caterina II come Minerva

Vassilji Kaloughine. Cammeo con testa di Menelao.

A. P. Lotvine. Tavolino a mosaico con coppia del mosaico delle Colombe (da un originale di Sosos di Pergamo)

 

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